Simbolo dell'infinito in matematica |
L'INFINITO lo abbiamo ritrovato anche in una poesia di un poeta italiano, Giacomo Leopardi.
In prima lettura siamo andati a caccia delle parole che in qualche modo ci sembravano collegate alla nostra conversazione di mercoledì sull'infinito
L'infinito in grammatica |
di Zenone e Aristotele.
Abbiamo scoperto che anche Leopardi ha pensato a spazi senza fine e al mare immenso: anche a lui immaginare l'infinito è sembrato bellissimo e un po' pauroso!
L'INFINITO
Sempre
caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e
viva,
e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Giacomo
Leopardi
Ma chi era Giacomo Leopardi?
Ecco quello che abbiamo capito noi!
(Prova di ascolto)
(Prova di ascolto)
Word cloud del nostro testo: la parola più usata è NON... |
Viveva in un palazzo delle Marche a Recanati, suo padre si chiamava Monaldo e non lo faceva mai uscire e lo faceva studiare sempre.
Suo padre aveva la biblioteca più bella di sempre perché loro erano ricchi ma a lui non prestavano mai i soldi per andare via.
Sua madre non era molto gentile.
Giacomo aveva tutte le malattie compresa quella del respiro e per questo stava sempre in casa.
Non poteva andare nemmeno da sua sorella che si era sposata: lui era felice per lei ma gli mancava molto.
Aveva un giardino su un colle con una siepe e anche quando si affacciava alla finestra non vedeva niente. Allora lui si immaginava quello che c'era dall'altra parte.
Non poteva uscire con i suoi amici e la sua vita diventò molto triste e solitaria.
Un giorno decise di scappare con i suoi amici. Ma era sempre malato e poteva solo scrivere e leggere, anzi leggere non proprio perché ormai aveva letto quasi tutto.
Aveva una madre, un padre, una sorella e un fratello e lui voleva bene a tutti anche se non gli avevano fatto realizzare i propri sogni.
Alla fine andò a Napoli perché cercava il sole, ma per colpa dell'epidemia di colera morì molto giovane a 39 anni.
Qualcuno ha detto che è morto mangiando troppi confetti abruzzesi.
Le poesie rimasero custodite nel suo cuore e quelle sono le più belle mai scritte.
(Testo collettivo della Quinta A)